Non basterebbero dieci saggi (e non saggi brevi) per riuscire a delineare soltanto lontanamente e in maniera approssimativa quello che, per dirla alla maniera di Manzoni, è "questo guazzabuglio del cuore umano".
Questo insieme di sentimenti contrastanti che il genere umano si porta appresso fin dalle origini della sua esistenza, questa realtà emotiva, è così profonda ed insondabile, è qualcosa di tanto mutevole e multiforme che risulta assai difficile riuscire a formulare un discorso logico e raziocinante a riguardo. Non è cosa facile tentare di spiegare razionalmente qualcosa che ha per sua stessa premessa ciò che di più irrazionale esiste: l'emozione.
Ancora più complicata risulta l'impresa se, tra le tante emozioni, quelle prese in considerazione risultano essere l'amore e l'odio, apparentemente le più inconciliabili ma, inspiegabilmente, anche le due più capaci di coesistere nel sentire di un individuo nei confronti dell'oggetto della propria passione. Infatti, se non è possibile provare al contempo gioia e dolore davanti, ad esempio (in modo, ammetto, semplicistico), ad un fatto di cronaca, poichè quest'ultimo o renderà felice o arrecherà una sofferenza nel lettore (escluso il fatto che esso non faccia nascere nient'altro che indifferenza), al contrario è molto più comune che di fronte a ciò per il quale si prova una qualche inclinazione emotiva, si manifesti un conflitto tra il desiderio e la sua repulsione, tra il sentimento e il suo contrario, ovvero tra l'amore e l'odio.
Soffermarsi a spiegare e dilungarsi ulterioremente su come questo sia possibile risulterebbe davvero arduo e dispersivo, oltre che vano; ciò che, invece, potrebbe essere più accessibile, è il tentare di analizzare il modo in cui questo conflitto è stato al centro dell'interesse e ha ricoperto un ruolo di rilievo nelle opere di poeti, artisti e scrittori di tutte le epoche.
Particolarmente legato all'ultima affermazione è sicuramente il celebre carme di Catullo che fa da titolo a questo post:
"Odi et amo. Quare id facias fortasse requiris
Nescio, sed fieri sentio et excrucior."
[Odio e amo. Forse chiederai come sia possibile;
non so, ma è proprio così e mi tormento. (Traduzione di S. Quasimodo)]
[Odio e amo. Forse chiederai come sia possibile;
non so, ma è proprio così e mi tormento. (Traduzione di S. Quasimodo)]
Dalla semplice lettura del testo sorge subito un certo stupore per l'immediatezza con cui il poeta rende parola scritta questa sensazione così fugace e sfuggente che è comune, però, a molti esseri umani; come egli la inchioda al testo, come i due elementi contrastanti dell'Odio e dell'Amore suonano tanto in armonia in quella resa metrica latina "Odi et amo". Un altro aspetto degno di nota è, senz'altro, la descrizione, tramite quel singolo verbo "excrucior" dell'effetto che il contrasto interno ha sull'individuo. La passione amorosa è mostrata come una forza che squarcia l'animo, che tormenta lo spirito, lo tortura come su una croce.
Si tratta di un amore sofferto che si sa non si dovrebbe provare e che, per questo stesso motivo, odia se stesso. E' un amore che è la sua stessa condanna, come l'amore ne "La Lupa" di Verga o l'amore di "Cime Tempestose" della Bronte. Quello stesso inevitabile amore senza via di scampo che il più famoso dei poeti, Dante Alighieri, pone al centro del quinto Canto del suo Inferno. L'amore di Paolo e Francesca. Qui, infatti, nell'"aere perso", Dante colloca la passione più trascinante,, in grado di sopraffare gli uomini, di domarli, quella che la stessa protagonista definisce un "mal perverso".
Si percorre, poi, un passo successivo nella questione analizzata se si considera quale sia la causa prima addotta dal poeta, quella scatentate che ha provocato il definitivo abbandono alla passione, il "punto che " li "vinse": un Bacio, la rappresentazione per eccellenza di questo sentimento. Innumerevoli sono gli artisti che fecere di esso il fulcro delle proprie opere: "Apollo e Dafne" del Canova, Hayez, scultori, pittori e fotografi...uno fra i tanti Gustav Klimt che, nel suo "Il bacio" mette due amanti abbracciati in una dimensione a tratti onirica. Lui, con le mani sul collo di lei, l'afferra in un gesto impetuoso che, se non fosse per la dolcezza degli atteggiamenti, potrebbe anche mutare in qualche forma di violenza.
Non sappiamo se quello rappresentato in quest'ultima opera sia un amore dannato; lo è sicuramente quello di Gertrude, come ben lo sottolinea il suo autore ne "I promessi Sposi" con quel fatidico "la sventurata rispose".
Abbiamo cominciato citando Manzoni, così concludiamo, pur consapevoli che le cose da dire serebbero ancora moltissime.

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